#Arance siciliane? No, grazie. Meglio quelle marocchine

#Arance siciliane? No, grazie. Meglio quelle marocchine

La politica italiana e le sindacali agricole sono come il “Gratta e Vinci”; gratti gratti per poi scoprire che non c’è nulla! Nessuno tutela le nostre produzioni perchè addormentati, perchè incapaci, perchè addomesticati, perchè inconcludenti o, semplicemente, perchè impegnati nei propri affari. Nell’articolo di Antonio Fraschilla viene dipinto un quadro sicuramente poco edificante. La Grande Distribuzione Organizzata fa di tutto per giocare al ribasso mentre le sindacali non protestano e non presentano proposte nelle sedi istituzionali. Dal ridicolo passiamo alla farsa.

PALERMO – Una crisi senza fine. Ogni anno un nuovo record negativo. La produzione di quello che era una volta l’oro della Sicilia, adesso è soltanto un peso. Anche nell’ultima stagione la vendita di agrumi, arancia rossa su tutti e limoni, ha fatto registrare numeri a dir poco bassi e perdite per tutti i produttori. “È stata un’annata disastrosa, credo sia stata la peggiore di sempre – dice Giovanni Pappalardo, agrumicoltore e direttore Coldiretti Catania – quest’anno i prezzi sono scesi a 5 centesimi al chilo e non si sono coperti i costi di produzione perché per il coltivatore il costo al chilo per le arance è di circa 20 centesimi. Insomma, nessuna remunerazione per il lavoro, ancora piante con arance non raccolte e dove le arance sono rimaste sulla pianta l’imprenditore non può fare i lavori per mantenere l’agrumeto pronto per la prossima stagione. Quindi crescerà ancora l’abbandono della coltivazione di quello che una volta era il fiore all’occhiello dell’agricoltura siciliana e italiana”.

I numeri dell’ultima stagione sono impietosi. Nell’Isola, leader assoluta nella coltivazione di agrumi in Italia, la superficie di arance coltivate è 53mila ettari: soltanto dieci anni fa erano 60mila. La produzione totale è scesa quest’anno a 11,7 milioni di quintali, nel 2006 si produceva un milione di quintali in più di arance. Ma il problema è che questi numeri non sono sufficienti a spiegare il calo della redditività: prima un quintale valeva quattro volte di più. Adesso il prezzo alla vendita scende di anno in anno a causa di una filiera troppo lunga, di una concorrenza agguerrita e per certi versi sleale dei paesi del Nord Africa e di un settore produttivo che non riesce a fare sistema: in Sicilia non vi sono grandi cooperative di produttori che possono imporre prezzi e marchi. L’arancia rossa nei supermercati di Catania è venduta a 1 euro e in alcuni casi anche 1,5 euro al chilo, nel resto d’Italia i prezzi sono stati ancora più alti. Qui ci guadagnano tutti: dal commerciante che acquista sulla pianta alla grande distribuzione. Tutti tranne i coltivatori.

Ma a cosa è dovuto il crollo del prezzo? “La risposta è semplice – dice Pappalardo – incide l’embargo russo, che di fatto riduce la domanda. E incidono gli accordi commerciali di Tunisia e Marocco con l’Unione Europea a dazio zero. Lì la mano d’opera costa 30 dollari al mese, noi un operaio lo paghiamo 50 euro al giorno più contributi. Loro in Nord Africa possono utilizzare pesticidi, noi no. Questa è concorrenza sleale”.

Secondo l’osservatorio Coldiretti il rischio è che la produzione di agrumi scompaia e con questa anche la spremuta di arancia rossa. Negli ultimi quindici anni una pianta di arance su tre è sparita, una su due se si parla di limoni. Se si allarga poi l’orizzonte a tutta la produzione agrumicola italiana, negli ultimi 15 anni sono andati persi 60mila ettari di agrumi e ne sono rimasti 124mila, dei quali 30mila in Calabria e 71mila in Sicilia. “Il disboscamento delle campagne italiane – sostiene la Coldiretti – è il risultato di una vera invasione di frutta straniera con le importazioni di agrumi freschi e secchi che negli ultimi 15 anni sono praticamente raddoppiate per raggiungere nel 2015 il massimo storico di 480 milioni di chili”.

Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra