L’#IMU agricola perde pezzi, ecco la #sentenza

L’#IMU agricola perde pezzi, ecco la #sentenza

Pubblichiamo la sentenza che ha permesso la “demolizione” dell’IMU agricola. Un nostro particolare ringraziamento va al lavoro straordinario realizzato dalle no profit Aspal Lazio, Forconi di Mariano Ferro e al Comitato NO IMU Viterbo.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio sul ricorso numero di registro generale 1968 del 2015, proposto da:

Comune di Moricone, Comune di Sezze, Comune di Bagnoregio, Comune di Ischia di Castro, Comune di Genazzano, Comune di Rignano Flaminio, Comune di Magliano Romano, Comune di Torrice, Comune di Carbognano, Comune di Sgurgola, Comune di Arpino, Comune di Rocca Priora, Comune di Cori, Comune di Bassano Romano, Comune di Lariano, Comune di Fondi, Comune di Paliano, Comune di Aquino, Comune di Piedimonte San Germano, Comune di Montelibretti, Comune di Capranica, Comune di San Lorenzo Nuovo, Comune di Tessennano, Comune di Tuscania, Comune di Gavignano, Comune di Anguillara Sabazia, Comune di Casalvieri, Comune di Nazzano, Comune di Rocca di Papa, Comune di San Vito Romano, Comune di Posta Fibreno, Comune di Morlupo, Comune di Castelliri, Anci Lazio, Comune di Olevano Romano, Comune di Priverno, Comune di Castelnuovo Cilento, in persona dei legali rappesesentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. Enrico Michetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Giovanni Nicotera, 29;

contro

Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero dell’Interno, Ministero delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali, Presidenza del Consiglio dei Ministri, Istat – Istituto Nazionale di Statistica, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

e con l’intervento di ad adiuvandum:

Comune di Bellegra, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Emanuele Riccardi, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Giovanni Nicotera, 29;
Comune di Anagni, Comune di Blera, Comune di Monte Compatri, Comune di Palestrina, Comune di Fontechiari, in persona dei Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. Enrico Michetti con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Nicotera, 29;
Comune di Frascati, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Enrico Michetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Giovanni Nicotera, 29;
Comune di Anagni, Comune di Farnese, Comune di Gallicano nel Lazio, Comune di Calcata, Comune di Genzano di Roma, Comune di Manziana, Comune di Sezze, Comune di Sermoneta, Comune di Montefiascone, Comune di Serrone, Comune di Ponzano Romano, Comune di Ferentino, Comune di Vejano, Comune di Arlena di Castro, Comune di Sant’Oreste, Comune di Boville Ernica, Comune di Velletri, in persona dei Sindaci pro tempore, rappresentati e difesi dall’avv. Enrico Michetti, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, Via Giovanni Nicotera, 29;
Comune di Minervino Murge, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Tommaso Di Gioia, con domicilio eletto presso lo studio legale Assumma in Roma, Via Giovanni Nicotera, 29;
Comune di Ginosa, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Massimiliano Di Cuia, con domicilio eletto presso lo Studio Legale Placidi in Roma, Via Cosseria, 2;
Regione Autonoma della Sardegna, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Massimo Luciani e Sandra Trincas, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Massimo Luciani in Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, 9;
Marco Profili, nella qualità di legale rappresentante del “Comitato NO Imu Agricola”, rappresentato e difeso dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
Giorgia Meloni, in proprio e nella qualità di legale rappresentante di FDI – AN (Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale), nonché Fabio Rampelli, in proprio e nella qualità di legale rappresentante del Gruppo Parlamentare FDI – AN (Fratelli d’Italia – Alleanza Nazionale), rappresentati e difesi dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
Confagricoltura Viterbo – Rieti, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
Movimento “I Forconi”, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
Confagricoltura Sicilia – Federazione Regionale Agricoltori della Sicilia, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
C.I.A. – Confederazione Italiana Agricoltori di Viterbo, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
A.S.P.A.L. – Associazione Regionale dei Produttori Agricoli Laziali, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1,
Giuseppe De Silvestro, rappresentato e difeso dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;
Elena Fattori, in qualità di Senatore della Repubblica, Massimiliano Bernini, in qualità di Deputato della Repubblica, e Silvia Benedetti, in qualità di Deputata della Repubblica, tutti membri della Commissione Agricoltura, rappresentati e difesi dagli avvocati Liliana Farronato e Stefano Mosillo, con domicilio eletto presso gli stessi in Roma, Piazzale delle Belle Arti, 1;

per l’annullamento

dell’elenco Istat denominato elenco dei comuni italiani al 1° gennaio 2015, espressamente richiamato dal d.l. n. 4 del 2015 art. 1 lett. a e b;

del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, avente ad oggetto “misure urgenti in materia di esenzione IMU”;

del decreto interministeriale del 28 novembre 2014 avente ad oggetto “esenzione dall’IMU prevista per i terreni agricoli ai sensi dell’art. 7, co. 1 lett. h) del decreto legislativo n. 504/92”;

di ogni altro atto connesso, coordinato, anteriore e conseguente.

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’Avvocatura Generale dello Stato;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Bellegra;

Visti gli atti di intervento in giudizio degli interventori ad adiuvandum;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 4 novembre 2015 il dott. Roberto Caponigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue:

1. L’art. 1 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, ha stabilito che, a decorrere dall’anno 2015, l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n 504, si applica:

a) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat;

b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo 29 marzo 2004, n. 99, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco Istat.

L’Istituto Nazionale di Statistica ha elaborato l’elenco dei comuni italiani sulla cui base gli stessi sono stati classificati in tre categorie: totalmente montani; parzialmente montani e non montani.

Il ricorso è articolato nei seguenti motivi di impugnativa:

Violazione dell’art. 32 della legge n. 69 del 2009 in materia di pubblicità legale.

L’Istat non avrebbe attivato alcuna sezione “pubblicità legale” sul proprio sito istituzionale, per cui l’elenco impugnato sarebbe privo di efficacia legale.

Dalla lettura dell’elenco e della relativa classificazione, i Comuni ricorrenti sarebbero classificati in maniera non aderente alla realtà sia fattuale che giuridica ed in violazione del criterio metodologico dichiarato dallo stesso Istat; l’elenco Istat sarebbe stato elaborato senza una solida metodologia, senza procedure statistiche appropriate, senza coerenza, accuratezza ed attendibilità.

L’Istat, in sede di redazione dell’elenco dei comuni italiani, non avrebbe tenuto in considerazione le disposizioni di cui alla legge regionale n. 9 del 1999, né avrebbe considerato l’allegato in essa contenuto e relativo proprio ai Comuni definiti come montani né la reale morfologia territoriale.

L’Istat avrebbe altresì violato il principio sancito dall’art. 2, lett. e), del Regolamento (CE) n. 223 del 2009 del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’11 marzo 2009 per l’assenza di criteri scientifici nella scelta del metodo e delle procedure più adeguate all’individuazione di un elenco dei Comuni italiani realmente corrispondente alla realtà sia giuridica che fattuale effettiva.

Eccezione di illegittimità costituzionale del decreto legge 24 gennaio 2015 n. 4 avente ad oggetto “Misure urgenti in materia di esenzione IMU” entrato in vigore il 24 gennaio 2015 in riferimento agli artt. 3, 23, 47, 97 e 53 Cost. Violazione degli artt. 81 e 119 Cost.

Il decreto legge n. 4 del 2015 sarebbe costituzionalmente illegittimo per violazione dell’art. 3 Cost. in quanto non sono stati indicati i criteri discretivi tra comuni montani e non, rimettendo tale classificazione ad un elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat.

Dalla lettura dell’elenco Istat si rivelerebbe una disparità di trattamento in quanto, ad esempio, il Comune di Bellegra, situato a 815 metri sul livello del mare, sarebbe classificato come parzialmente montano, stessa classificazione attribuita al Comune di Cassino, situato a 40 metri sul livello del mare, laddove il Comune di Marcellina, situato a 285 metri sul livello del mare, è classificato come totalmente montano. Nei “Castelli romani”, taluni comuni sarebbero stati classificati come totalmente montani, mentre altri, ubicati ad altezza più elevata, sarebbero classificati come parzialmente montani.

La diversità della morfologia territoriale darebbe luogo a una diseguale applicazione della imposizione tributaria, che non terrebbe conto di situazioni obiettivamente diverse, come si richiede perché sia attuato il principio di uguaglianza.

I comuni, anche a non voler ritenere legittimo un affidamento sul mantenimento dell’esenzione, avrebbero potuto quantomeno fare legittimo affidamento sulla stabilità del regime fiscale di esenzione per l’annualità 2014, anche in considerazione dei principi che prevedono comunque che l’imposizione tributaria debba riguardare il periodo di imposta successivo alla nuova introduzione.

La norma in esame avrebbe omesso di verificare l’attuale capacità contributiva.

La misura a carattere compensativo, intervenendo in un momento in cui le amministrazioni, in grave crisi di liquidità anche a causa del patto di stabilità interno, hanno già definito gli impegni finanziari, aprirebbe anche a possibili scenari di dissesto con conseguenze devastanti sui servizi pubblici locali.

La soppressa esenzione IMU per i terreni in discorso, andando a detrimento della proprietà fondiaria, colpirebbe il risparmio investito in proprietà terriera.

L’Esecutivo avrebbe proceduto ad un taglio lineare delle somme stanziate sul fondo di solidarietà comunale per un importo pari a 350 milioni di euro, demandando ai comuni il compito di recuperare in proprio tale importo riducendo il numero dei beneficiari delle esenzioni e riclassificando i comuni come totalmente montani, parzialmente montani o non montani; siffatta modalità causerebbe ingenti danni ai comuni andando ad incidere in modo diretto ed irreversibile sui bilanci già approvati. In sede di prima applicazione, peraltro, non risulterebbe agevole per i comuni determinare il gettito sia per le difficoltà che si riscontrano nei dati catastali sia perché non vi è certezza circa un adempimento spontaneo da parte dei contribuenti.

In definitiva, sarebbe irrazionale disporre una compensazione tra le assegnazioni di cui al fondo di solidarietà, entrate certe, con crediti incerti sia nell’an che nel quantum.

Violazione del principio di irretroattività delle norme; difetto di proporzionalità, illegittimità nella riduzione delle assegnazioni del fondo di solidarietà; sostituzione di entrate certe con entrate future e incerte. Eccesso di potere. Violazione di legge.

I tempi sarebbero troppo stringenti per mettere i comuni nelle condizioni di programmare le entrate, derivanti dal maggiore introito dell’IMU agricola, che dovrebbero di fatto compensare i 350 milioni di euro di tagli statali.

La vetustà dei dati catastali non permetterebbe di individuare i soggetti passivi d’imposta.

Violazione di legge, assoluta incertezza dei criteri applicati, irragionevolezza dell’imposizione e disparità di trattamento. Illegittimità derivata per illegittimità dell’elenco ISTAT 1° gennaio 2015. Difetto assoluto di motivazione. Difetto di istruttoria. Eccesso di potere per sviamento.

L’Istat non avrebbe indicato i parametri e i criteri applicati ed utilizzati per classificare i comuni.

Violazione del regolamento (CE) n. 2223/96 del Consiglio del 25 giugno 1996 relativo al sistema europeo dei conti nazionali e regionali nella Comunità.

Il legislatore italiano, con un decreto legge approvato il 24 gennaio 2015, pretenderebbe di fissare il pagamento di una imposta entro il 10 febbraio 2015.

Violazione di legge. Art. 3 (efficacia temporale elle norme tributarie) Statuto del contribuente.

Le modifiche introdotte avrebbero effetto retroattivo e porrebbero l’imposizione a carico dei contribuenti con scadenza fissata anteriormente al sessantesimo giorno dall’adozione del provvedimento di attuazione.

Eccesso di potere, violazione di legge, arbitrarietà. Violazione dell’art. 4 dello statuto del contribuente (legge n. 212 del 2000).

I comuni esentati dall’imposta in esame in quanto rientranti nella categoria delle “aree montane o di collina” sarebbe stati, in virtù di un elenco Istat richiamato dal decreto legge in contestazione, trasformati in aree agricole.

Violazione dell’art. 10 dello statuto del contribuente.

La presenza nell’ordinamento tributario dei principi della collaborazione, della buona fede e dell’affidamento (considerati dal lato del contribuente), affermati nell’art. 10, commi 1 e 2, legge n. 212 del 2000, sarebbero esplicitamente attuativi delle norme costituzionali richiamate dall’art. 1 del medesimo statuto del contribuente, mentre una eventuale determinazione del comune in ordine al pagamento in breve termine dell’IMU su terreni prima esentati e, a maggior ragione, per l’anno 2014, paleserebbe una violazione di tali principi.

L’Avvocatura Generale dello Stato, in via preliminare, ha sollevato le seguenti eccezioni processuali:

– inammissibilità del ricorso per carenza di legittimazione ad agire di ANCI, avendo l’Associazione agito in carenza di un interesse proprio ed in assenza di rappresentanza di tutti i comuni della Regione;

– inammissibilità del ricorso collettivo in quanto non si riscontrerebbe un interesse univoco che accomuna le posizioni di tutti i ricorrenti. In particolare, non si comprenderebbe quale interesse al ricorso possa avere un comune i cui terreni, esenti sulla base dei vecchi criteri, continuano ad essere esenti;

– mancata integrazione del contraddittorio nei confronti di tutti gli altri enti territoriali tra i quali è ripartito l’onere determinato dal vincolo di bilancio statale previsto dal comma 5 bis dell’art. 4 del d.l. n. 16 del 2012. Nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso, infatti, la somma portata in riduzione per comuni incisi dalle norme dovrebbe essere necessariamente riversata sugli altri enti locali;

– inammissibilità del ricorso in quanto l’elenco dei comuni italiani pubblicato sulla pagina web dell’Istat non potrebbe essere configurato come un provvedimento amministrativo e comunque non sarebbe autonomamente impugnabile, atteso che, oltre ad essere privo delle caratteristiche e dei requisiti tipici del provvedimento amministrativo, costituirebbe il risultato di una raccolta di dati ed informazioni, riportati in una tabella per ciascun comune italiano, in virtù dell’attività di cui all’art. 15 d.lgs. n. 322 del 1989;

– carenza di legittimazione passiva dell’Istat che non avrebbe elaborato la classificazione censurata né avrebbe concorso ad adottare gli atti impugnati, sicché dovrebbe essere estromesso dal giudizio; l’Istat, per quanto concerne la classificazione dei comuni in montani/parzialmente montani/non montani, si sarebbe limitato a raccogliere e diffondere sul proprio sito istituzionale informazioni derivanti da fonti diverse;

– assenza di qualunque doglianza volta a contestare presunti vizi di legittimità del D.M. 28 novembre 2014;

– inammissibilità del ricorso per carenza di interesse in quanto il ricorso sarebbe principalmente rivolto avverso un atto ex se non impugnabile e privo dei presupposti tipici del provvedimento amministrativo ed in quanto, inoltre, non si evincerebbe che parte ricorrente abbia subito un pregiudizio diretto ed immediato dall’elenco impugnato;

– inammissibilità della richiesta di rimessione della questione di legittimità costituzionale del d.l. n. 4 del 2015, atteso che la proposizione, in via incidentale, della questione di legittimità costituzionale di una norma sarebbe da ritenersi ammissibile solo quando il ricorrente abbia impugnato il provvedimento amministrativo facendo valere, mediante la formulazione di censure, la sua illegittimità per contrasto con la norma.

Nel merito, ha contestato la fondatezza delle censure dedotte concludendo per il rigetto del ricorso.

I ricorrenti hanno depositato altre memorie a sostegno delle proprie ragioni.

Numerosi enti territoriali sono intervenuti nel giudizio ad adiuvandum delle ragioni espresse dai Comuni ricorrenti.

La Regione Autonoma della Sardegna, intervenuta anch’essa ad adiuvandum, ha rappresentato che, con atto notificato in data 22 maggio 2015, ha impugnato innanzi la Corte Costituzionale l’art. 1 d.l. n. 4 del 2015, come convertito in l. n. 34 del 2015.

2. Con sentenza 4 agosto 2015, n. 10630, questa Sezione, riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese, ha così provveduto sul ricorso in epigrafe:

– ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto da ANCI Lazio;

– ha respinto l’eccezione di inammissibilità dell’azione di annullamento proposta avverso l’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat;

– ha respinto la richiesta di estromissione dal giudizio dell’Istat;

– ha dichiarato inammissibile l’azione di annullamento del decreto interministeriale del 28 novembre 2014;

– ha dichiarato inammissibili le censure con cui è stata proposta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, d.l. n. 1 del 2015 e la relativa azione di annullamento della norma di legge;

– ha disposto che la parte ricorrente depositi in giudizio, entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della sentenza non definitiva, una tabella indicante la classificazione di ogni singolo Comune ricorrente, ai fini dell’applicazione dell’IMU agricola, prima della emanazione del d.l. n. 66 del 2014 ed a seguito dell’emanazione del d.l. n. 1 del 2015;

– ha disposto che le amministrazioni resistenti depositino entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della sentenza non definitiva una dettagliata relazione al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a quanto già rappresentato circa le pregresse competenze della Commissione censuaria centrale e dell’UNCEM, quali sono stati in concreto i criteri in base ai quali la classificazione è stata effettuata e, quindi, è stato predisposto l’impugnato elenco dei comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei Comuni ricorrenti.

Il percorso motivazionale della detta sentenza è stato il seguente:

“2. Il Collegio ritiene opportuno premettere una sintetica descrizione del quadro normativo in materia.

L’art. 2 del decreto del 28 novembre 2014, adottato dal Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministro delle Politiche Agricole Alimentari e Forestali e con il Ministro dell’Interno, ha stabilito che sono esenti dall’imposta municipale propria, ai sensi dell’art. 7, comma 1, lettera h, del decreto legislativo n. 504 del 1992:

– i terreni agricoli dei comuni ubicati a un’altitudine di 601 metri e oltre, individuati sulla base dell’Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell’Istat, tenendo conto dell’altezza riportata nella colonna “Altitudine del centro (metri)”;

– i terreni agricoli posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, dei comuni ubicati a un’altitudine compresa fra 281 metri e 600 metri, individuati sulla base dell’Elenco comuni italiani, pubblicato sul sito internet dell’Istat, tenendo conto dell’altezza riportata nella colonna “Altitudine del centro (metri)”,

– i terreni di cui al precedente alinea nel caso di concessione degli stessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004 iscritti nella previdenza agricola.

Il decreto è stato adottato visto, tra l’altro, l’art. 4, comma 5 bis, del decreto legge n. 16 del 2002, convertito dalla legge n. 44 del 2012, come modificato dal comma 2 dell’art. 22 del decreto legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014, in base al quale, con decreto di natura non regolamentare, sono individuati i comuni nei quali, a decorrere dall’anno di imposta 2014, si applica l’esenzione di cui alla lettera h) del comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, sulla base dell’altitudine riportata nell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat, diversificando tra terreni posseduti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola e gli altri terreni.

Nelle premesse, il decreto interministeriale del 28 novembre 2014 ha altresì fatto riferimento al medesimo comma 5 bis dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 2012 in base al quale, dalle disposizioni di cui allo stesso comma 5 bis, deve derivare un maggior gettito complessivo annuo non inferiore a 350 milioni di euro a decorrere dall’anno 2014 ed in base al quale il recupero del maggior gettito, come risultante per ciascun comune a seguito dell’adozione del decreto è operato con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 (per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna), vale a dire mediante decurtazione alle assegnazioni finanziarie stanziate in loro favore dall’apposito fondo di solidarietà comunale.

L’art. 1, comma 6, del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito dalla legge n. 34 del 24 marzo 2015, ha abrogato il comma 5 bis dell’art. 4 del decreto legge n. 16 del 2012.

Il primo comma dello stesso art. 1 ha previsto che, a decorrere dall’anno 2015, l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell’art. 7 del decreto legislativo n. 504 del 1992, si applica:

a) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat;

a.bis) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni delle isole minori di cui all’allegato A della legge n. 448 del 2001;

b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali di cui all’art. 1 del decreto legislativo n. 99 del 2004, iscritti nella previdenza agricola, ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco Istat.

I criteri de quibus, ai sensi del terzo comma del detto articolo 1, si applicano anche all’anno di imposta 2014, per il quale, ai sensi del quarto comma, non è comunque dovuta l’IMU per i terreni esenti in virtù del decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze, di concerto, con i Ministri delle politiche agricole alimentari e forestali e dell’interno, del 28 novembre 2014.

Per quanto maggiormente interessa in questa sede, giova rilevare inoltre che:

– ai sensi del comma 7 dell’art. 1 del decreto legge n. 4 del 2015, a decorrere dall’anno 2015, le variazioni compensative di risorse conseguenti dall’attuazione delle disposizioni di cui ai commi 1 e 2, sono operate nelle misure riportate nell’allegato A al provvedimento, per i comuni delle Regioni a statuto ordinario e delle Regioni Sicilia e Sardegna, nell’ambito del fondo di solidarietà comunale e con la procedura prevista dai commi 128 e 129 dell’art. 1 della legge n. 228 del 2012 e, per i comuni del Friuli Venezia Giulia e Valle d’Aosta, in sede di attuazione del comma 17 dell’art. 13 del decreto legge n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011;

– ai sensi del comma 9 quinquies, al fine di assicurare la più precisa ripartizione delle variazioni compensative di risorse di cui agli allegati A, B e C al decreto, fermo restando l’ammontare complessivo delle suddette variazioni, pari, complessivamente, a 230.691.885,23 euro per l’anno 2014 e 268.652.847,44 euro per l’anno 2015, il Ministero dell’Economia e delle Finanze, sulla base di una metodologia condivisa con l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e adottata sentita la Conferenza Stato-città e autonomie locali, provvede, entro il 30 giugno 2015, alla verifica del gettito per l’anno 2014, derivante dalle disposizioni di cui allo stesso art. 1, sulla base anche dell’andamento del gettito effettivo.

Ne consegue che – con l’espressa abrogazione dell’art. 4, comma 5 bis, del decreto legge n. 16 del 2012, in attuazione del quale è stato adottato il decreto del 28 novembre 2014 – costituisce un dato inconfutabile che i criteri per l’esenzione dall’IMU agricola, allo stato, sono stabiliti esclusivamente dalle norme sopravvenute, di cui all’art. 1 del decreto legge n. 4 del 2015.

3. Il thema decidendum del ricorso è duplice in quanto i ricorrenti, da un lato, impugnano l’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat ai sensi dell’art. 1 d.l. n. 4 del 2015, dall’altro, contestano, in generale, il nuovo sistema normativo con cui è disciplinata l’imposizione tributaria in materia di IMU agricola dall’art. 1 d.l. n. 4 del 2015.

L’interesse che muove i Comuni ricorrenti all’impugnazione dell’elenco Istat denominato elenco dei comuni italiani al 1 ° gennaio 2015 ed alla contestazione delle norme di cui al decreto legge n. 4 del 2015, sebbene gli stessi non abbiano fornito alcuna precisazione al riguardo, potrebbe essere individuato nella volontà degli enti locali di conservare lo status quo ante, vale a dire di non subire i “tagli” al fondo di solidarietà comunale derivanti dal venire meno dell’esenzione dall’IMU agricola per i terreni ricadenti nel proprio territorio, e, quindi, di opporsi a tale decisione del Governo centrale, atteso che la riduzione dei terreni esentati dal pagamento dall’IMU agricola è volta proprio ad aumentare il gettito fiscale in favore dei comuni, a compensazione delle decurtazioni nell’ambito del fondo di solidarietà comunale. L’ammontare complessivo delle variazioni per effetto del maggior gettito derivante dalla riduzione delle esenzioni dall’imposta, peraltro, è stato ridotto da euro 350.000.000,00 a partire dal 2014 (importo previsto nel d.l. n. 66 del 2014) ad euro 230.691.885,33 per il 2014 e ad euro 268.652.847,44 per il 2015 (importi previsti nel d.l. n. 4 del 2015).

Diversamente, infatti, il ricorso si rivelerebbe inammissibile per carenza di interesse in quanto l’ente territoriale, in astratto, avrebbe un evidente interesse ad ottenere un maggior gettito derivante dall’assoggettamento ad IMU di terreni agricoli in precedenza esclusi, sicché il reale interesse, come detto, sembra individuabile – sempre che effettivamente sia questa la posizione dei Comuni ricorrenti, vale a dire esentati con il precedente regime ed assoggettati in base al nuovo regime – nel mantenimento dello status quo ante, vale a dire nella conservazione dell’esenzione dall’imposta al fine di evitare i tagli al fondo di solidarietà comunale che l’estensione dell’imposta con il conseguente maggior gettito comporta.

Il Collegio deve rappresentare altresì che la decisione operata dal Governo centrale di operare decurtazioni al fondo di solidarietà comunale costituisce un atto politico, che attiene ai rapporti tra Governo centrale e Governi territoriali, non assoggettato, in quanto tale, al sindacato giurisdizionale del giudice amministrativo.

Va da sé, allora, che l’interesse al ricorso non può essere fatto discendere dall’interesse dei ricorrenti a non subire le decurtazioni al fondo di solidarietà comunale in quanto tale scelta si configura come una decisione espressione di volontà politica, il cui eventuale sindacato sarebbe del tutto esorbitante dai limiti di questa giurisdizione.

Di contro, l’interesse qualificato e differenziato in grado di rendere ammissibile il ricorso appare costituito dall’aspirazione al mantenimento dello status quo ante, attraverso l’inclusione tra i comuni esenti, che eviterebbe di sostituire ad un’entrata certa, quale quella derivante dal finanziamento a carico del fondo di solidarietà comunale, un’entrata presunta e più difficile da realizzare immediatamente e per intero, oltre che più onerosa per i proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non più esentati dal pagamento dell’imposta, quale il gettito derivante dal pagamento dell’IMU agricola.

Ne consegue che l’interesse sotteso alle censure rivolte avverso l’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat deve intendersi finalizzato a ottenere l’inclusione di ogni comune ricorrente tra i comuni totalmente montani o, eventualmente, parzialmente montani, mentre non è percepibile quale interesse possa sussistere alla integrale caducazione dell’elenco, atteso che, ad un suo eventuale travolgimento, non potrebbe in alcun caso seguire il ripristino della situazione normativa precedente al d.l. n. 4 del 2015 ed al d.l. n. 66 del 2014, ma esclusivamente l’obbligo di procedere ad una nuova predisposizione dello stesso.

3.1 Così delineata la cornice fattuale e giuridica in cui si inserisce il presente ricorso con riferimento agli interessi sostanziali che appaiono perseguiti dai ricorrenti, il Collegio, in via preliminare, ritiene di accogliere l’eccezione di inammissibilità del ricorso in quanto proposto da ANCI Lazio per carenza di legittimazione ad agire.

Gli atti impugnati, infatti, sono destinati a produrre effetti nei confronti dei proprietari di terreni agricoli ricadenti in Comuni in precedenza esentati dall’imposizione ed ora, invece, assoggettati all’imposizione e, per quanto in precedenza esposto, dei singoli comuni il cui territorio era prima esentato ed ora è totalmente o parzialmente incluso nell’ambito di applicazione dell’IMU agricola.

Di talché, a prescindere dalla esistenza di previsioni normative che consentano ad Anci di rappresentare in giudizio gli enti locali, l’Associazione dei Comuni del Lazio, in quanto rappresentativa di tutti i comuni della Regione, dovrebbe tutelare gli interessi di ogni singolo comune, laddove, nel caso di specie, è da presumere la presenza in ambito regionale sia di comuni che, non esenti né prima né ora, non hanno alcun concreto interesse all’azione sia di comuni controinteressati alla presente impugnazione in quanto classificati come totalmente montani e, quindi, esentati dall’imposizione tributaria in ragione dell’attuale classificazione.

3.2 Per quanto concerne l’eccezione di inammissibilità del ricorso collettivo, il Collegio ritiene necessario, al fine della sua delibazione, acquisire una tabella da parte dei Comuni ricorrenti con l’indicazione, per ciascuno di essi, del regime impositivo, vale a dire della loro classificazione come esente o meno dall’IMU agricola, precedente alle modifiche normative intervenute a far tempo dal d.l. n. 66 del 2014, ed alla loro classificazione come comuni totalmente montani, parzialmente montani o non montani contenuta nell’elenco Istat di cui all’art. 1 del decreto legge n. 4 del 2015.

3.3 L’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione dell’elenco dei Comuni italiani pubblicato sulla pagina web dell’Istituto Nazionale di Statistica è da disattendere.

In primo luogo, la classificazione del singolo comune quale totalmente montano, parzialmente montano o non montano, con la conseguente esenzione o meno dall’applicazione dell’imposta, discende dall’elenco in discorso, sicché lo stesso ha certamente efficacia provvedimentale e potenzialmente lesiva dei destinatari e, d’altra parte, se tale atto fosse ritenuto non impugnabile, non potrebbe esservi alcuna tutela per il comune (o per il contribuente) che ritenga di essere stato illegittimamente classificato come non montano, anziché totalmente o parzialmente montano, o parzialmente montano, anziché totalmente montano.

Per altro verso, il richiamo contenuto nell’art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat costituisce mero rinvio non recettizio e non ha carattere novativo della fonte.

Il rinvio recettizio, infatti, opera una novazione della fonte che eleva la norma richiamata al rango primario, mentre la funzione del rinvio non recettizio non è quella di incorporare il contenuto della norma richiamata, bensì di indicare la fonte competente a regolare una determinata materia.

La stessa differenza tra rinvio materiale e rinvio formale è stata recepita anche dalla giurisprudenza costituzionale, la quale ha ulteriormente precisato che l’effetto di incorporazione si produce soltanto quando la volontà del legislatore di recepire mediante rinvio sia espressa oppure sia desumibile da elementi univoci e concludenti, operando altrimenti, come nel caso di specie, una presunzione di rinvio formale agli atti amministrativi (ex multis: Corte Costituzionale 7 novembre 2014, n. 250).

Va da sé che, avendo natura provvedimentale l’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat, non può essere accolta la richiesta di estromissione dal giudizio dell’Istituto Nazionale di Statistica in quanto anch’esso da qualificare come amministrazione resistente.

3.4 L’eccezione di inammissibilità dell’impugnazione del decreto interministeriale del 28 novembre 2014, invece, deve essere condivisa in quanto – rilevato peraltro che con l’entrata in vigore dell’art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 la relativa azione di annullamento sarebbe comunque improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse – nessuna specifica doglianza è stata rivolta avverso lo stesso.

3.5 L’impugnazione dell’art. 1 del d.l. n. 4 del 2015 con la conseguente richiesta di rimessione alla Corte della questione di legittimità costituzionale della norma è inammissibile.

La possibilità che oggetto di impugnazione sia una norma di legge, di regola, va esclusa in radice, a meno che non assuma una caratterizzazione particolare a causa del contenuto e della natura provvedimentale delle norme impugnate, sicché ciò che si presenta formalmente come un’impugnazione diretta di una legge, è in realtà finalizzata ad estendere la cognizione del giudice ad una norma sopravvenuta per provocarne l’intervento nei soli termini e limiti in cui l’ordinamento lo consente, vale a dire sollevare, ricorrendone i presupposti di rilevanza e non manifesta infondatezza, la questione di legittimità costituzionale.

La sindacabilità di una previsione legislativa che, in quanto volta a disciplinare una concreta ed individuabile fattispecie, assume connotazione sostanzialmente provvedimentale, può essere quindi soggetta all’ordinario sindacato giurisdizionale al fine dell’eventuale rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale, che, altrimenti, non potrebbe essere affrontata, con conseguente assenza di tutela giurisdizionale nei confronti di atti normativi concretamente incidenti su posizioni soggettive individuali e differenziate.

Diversamente, al di fuori di questi casi, la proposizione, in via incidentale, di questioni di legittimità costituzionale di norme di legge innanzi al giudice amministrativo è ammissibile solo quando il ricorrente abbia impugnato il provvedimento applicativo deducendone l’illegittimità in via derivata per l’incostituzionalità della norma presupposta.

Nel caso di specie, i ricorrenti hanno impugnato l’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat e la classificazione nello stesso contenuta, ma non hanno impugnato alcun atto applicativo dell’art. 1 del d.l. n. 4 del 2015.

Ne consegue che le censure volte a dedurre profili di illegittimità costituzionale della detta norma, al fine di ottenere la remissione della relativa questione alla Corte Costituzionale sono inammissibili.

3.6 L’Istat, nella relazione illustrativa depositata in ottemperanza all’ordinanza istruttoria di questa Sezione n. 3770 del 5 marzo 2015, ha rappresentato che la classificazione dei territori in montani e parzialmente montani è stata formulata dalla Commissione censuaria centrale che operava presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze negli anni ‘50, tanto che la legge 25 luglio 1952, n. 991, contenente “Provvedimenti in favore dei territori montani” assegnava alla Commissione censuaria centrale il compito di compilare e tenere aggiornato un elenco nel quale, in applicazione dei criteri stabiliti dalla stessa legge, venivano individuati i territori montani.

L’Istat ha tra l’altro soggiunto che, successivamente, la legge n. 142 del 1990 ha abrogato gli artt. 1 e 14 della legge n. 991 del 952, eliminando di fatto il meccanismo di classificazione dei comuni per “grado di montanità” da parte della detta Commissione censuaria, ma, tuttavia, fino al 2009 l’attività di revisione della classificazione è stata comunque svolta dall’UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani), ora confluita nell’ANCI; nell’ambito delle attività connesse al monitoraggio delle comunità montane.

Ha inoltre posto in rilievo che soltanto alcuni dati della tabella fornita sono imputabili all’Istituto.

Il Collegio rileva che tali indicazioni appaiono all’evidenza insufficienti a chiarire in base a quali criteri i comuni italiani siano stati classificati come totalmente montani, parzialmente montani o non montani nell’elenco cui rinvia l’art. 1 del d.l. n. 4 del 2015, facendo conseguire rilevanti conseguenze giuridiche in ordine all’imposizione all’IMU agricola dei terreni agricoli situati nei vari comuni dello Stato.

Pertanto, si rende necessario acquisire una ulteriore dettagliata relazione redatta in maniera congiunta dall’Istat, dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, che potranno eventualmente assumere informazioni e documentazione presso altre strutture pubbliche interessate al procedimento, al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a quanto già rappresentato circa le pregresse competenze della Commissione censuaria centrale e dell’UNCEM, quali sono stati in concreto i criteri in base ai quali la classificazione è stata effettuata e, quindi, è stato predisposto l’impugnato elenco dei comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei Comuni ricorrenti.

4. In conclusione, il Collegio – decidendo in maniera non definitiva sulla presente controversia e riservando al definitivo ogni ulteriore decisione in rito, nel merito e sulle spese – così provvede:

– dichiara inammissibile il ricorso proposto da ANCI Lazio;

– respinge l’eccezione di inammissibilità dell’azione dia annullamento proposta avverso l’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat;

– respinge la richiesta di estromissione dal giudizio dell’Istat;

– dichiara inammissibile l’azione di annullamento del decreto interministeriale del 28 novembre 2014;

– dichiara inammissibili le censure con cui è stata proposta la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 4, d.l. n. 1 del 2015 e la relativa azione di annullamento della norma di legge;

– dispone che la parte ricorrente depositi in giudizio, entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva, una tabella indicante la classificazione di ogni singolo Comune ricorrente, ai fini dell’applicazione dell’IMU agricola, prima della emanazione del d.l. n. 66 del 2014 ed a seguito dell’emanazione del d.l. n. 1 del 2015;

– dispone che le amministrazioni resistenti depositino entro trenta giorni dalla comunicazione in via amministrativa o notificazione, se anteriore, della presente sentenza non definitiva una dettagliata relazione al fine di chiarire, a prescindere ed in aggiunta a quanto già rappresentato circa le pregresse competenze della Commissione censuaria centrale e dell’UNCEM, quali sono stati in concreto i criteri in base ai quali la classificazione è stata effettuata e, quindi, è stato predisposto l’impugnato elenco dei comuni italiani, con particolare riferimento alla classificazione dei Comuni ricorrenti”.

3. In esito agli incombenti istruttori disposti, i ricorrenti hanno depositato la richiesta tabella, sia pure non comprensiva delle posizioni di tutti i Comuni (3. In esito agli incombenti istruttori disposti, i ricorrenti hanno depositato la richiesta tabella indicando che, in base alla classificazione precedente al decreto legge n. 66 del 2014, erano tutti esenti (il Comune di Modica parzialmente delimitato), mentre la classificazione successiva al decreto legge n. 1 del 2015 li individua come parzialmente montani (Comuni di Regalbuto, Belpasso, Santa Maria di Licodia, Sortino, Graniti e Gaggi) o non montani (Comuni di Niscemi, Modica, Santa Venerina, Aci Sant’Antonio, Catenanuova e Pietraperzia), per cui il ricorso collettivo è ammissibile.

Parimenti, per adempiere all’incombente istruttorio, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per gli affari giuridici e legislativi, ha inviato la relazione predisposta dall’Istat, il cui contenuto è stato integralmente condiviso sia dalla stessa Presidenza sia dal Ministero dell’economia e delle finanze, reiterando sostanzialmente quanto già in precedenza rappresentanto. 3. Le parti hanno adempiuto agli incombenti istruttori.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha depositato la dichiarazione di riserva di appello ex art. 103 c.p.a. avverso la richiamata sentenza non definitiva di questa Sezione n. 10630 del 2015.

All’udienza pubblica del 4 novembre 2015, la causa è stata trattenuta per la decisione.

4. Il Collegio – fermo restando che, come statuito nella richiamata sentenza non definitiva n. 10630 del 2015, l’azione di annullamento dell’art. 1 d.l. n. 4 del 2015 e le relative censure con cui è stata proposta la questione di legittimità costituzionale sono inammissibili – ritiene, sulla base di una valutazione effettuata d’ufficio, che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lett. a) e b), prevede l’esenzione dall’IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat.

4.1 La questione si presenta rilevante ai fini della decisione della controversia in quanto la legittimità dell’impugnato elenco Istat (e delle conseguenti tabelle riportanti gli importi delle variazioni compensative sulle risorse precedentemente stanziate a valere sul Fondo di Solidarietà Comunale, sulle quali l’eventuale annullamento dell’elenco Istat sarebbe destinato ad incidere in via caducante) e, quindi, la definizione del presente giudizio discende inevitabilmente dalla risoluzione della questione di legittimità costituzionale della norma nella parte in cui determina che l’esenzione dall’IMU per i terreni agricoli situati in ogni singolo Comune discende dalla classificazione del grado di montanità dei Comuni stessi contenuta nell’elenco predisposto dall’Istat.

4.2 Detta questione, oltre che rilevante ai fini della decisione della controversia, non è manifestamente infondata con riferimento alla possibile violazione dell’art. 23 Cost. secondo cui nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge.

La riserva di legge di cui all’art. 23 Cost., già prevista nello Statuto albertino, contiene il principio classico delle democrazie liberali “no taxation without representation” e, attraverso la locuzione “in base alla legge”, si configura come una riserva relativa e non assoluta, per cui la legge può non regolare integralmente il rapporto tributario, demandando ad un regolamento, o ad altra fonte subordinata, la disciplina specifica degli elementi fissati in generale dalla norma primaria.

La problematica di maggiore rilievo, quindi, si concreta nell’individuazione di quale contenuto minimo la legge debba avere nel disciplinare la fattispecie tributaria e, di tale contenuto minino, è stato ritenuto essere elemento ineliminabile la specificazione del presupposto di fatto fonte dell’obbligazione.

La Corte Costituzionale ha avuto modo di chiarire come, in linea di principio, non vi sia dubbio che le norme di agevolazione tributaria siano anch’esse, al pari delle norme impositive, sottoposte alla riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost. perché realizzano un’integrazione degli elementi essenziali del tributo (sentenze n. 60 del 2011 e n. 123 del 2010).

Ne consegue che i profili fondamentali della disciplina agevolativa, così come di quella impositiva, devono essere regolati direttamente dalla fonte normativa primaria.

Nel caso esaminato nella sentenza n. 60 del 2010, ad esempio, nel dichiarare infondata la questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 23 Cost., la Corte Costituzionale ha rappresentato che le norme censurate hanno attribuito alla Giunta regionale la possibilità di concedere agevolazioni fiscali “nei limiti stabiliti annualmente con legge finanziaria regionale”, per cui, affinché la riserva di legge sia rispettata, è necessario che il riferimento alla legge finanziaria sia inteso nel senso che quest’ultima non deve limitarsi a fissare i tetti massimi dell’importo delle agevolazioni accordate, ma deve determinare in modo sufficiente anche le fattispecie di agevolazioni, individuandone gli elementi fondamentali, quali, tra gli altri, i presupposti soggettivi ed oggettivi per usufruire del beneficio.

L’art. 1, del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, come innanzi precisato, ha stabilito che, a decorrere dall’anno 2015, l’esenzione dall’imposta municipale propria (IMU) prevista dalla lettera h) del comma 1 dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, si applica:

“a) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, ubicati nei comuni classificati totalmente montani di cui all’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT);

b) ai terreni agricoli, nonché a quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali … ubicati nei comuni classificati parzialmente montani di cui allo stesso elenco ISTAT”.

Di talché, la norma di legge ha fissato il criterio generale per ottenere l’esenzione dall’IMU, vale a dire l’ubicazione dei terreni agricoli e di quelli non coltivati nei comuni totalmente montani e l’ubicazione dei terreni agricoli e di quelli non coltivati, posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali, nei comuni parzialmente montani, ma ha demandato la classificazione dei comuni come totalmente montani, parzialmente montani o non montani all’Istat, vale a dire all’elenco predisposto da tale Istituto.

Il presupposto di fatto per l’applicazione dell’agevolazione e, di converso, per l’applicazione dell’imposta, quindi, discende da una variabile esogena al dettato legislativo, la classificazione dei singoli Comuni nell’elenco predisposto dall’Istat.

Il rispetto o meno della riserva relativa di legge, di conseguenza, postula la verifica della natura del potere amministrativo nella formazione del suddetto elenco, nel senso che se il potere esercitato è vincolato da norme di legge, sia pure differenti rispetto alla norma di cui all’art. 1 d.l. n. 4 del 2015, il presupposto di fatto dell’agevolazione deve comunque ritenersi stabilito dalla legge con conseguente compatibilità costituzionale della norma, mentre se il potere esercitato nella predisposizione dell’elenco non è vincolato ma è espressione di discrezionalità amministrativa, il presupposto di fatto dell’agevolazione e, di contro, dell’imposizione non può ritenersi stabilito dalla legge, con conseguente sospetto di incostituzionalità della norma attributiva del beneficio e, in definitiva, indicativa del perimetro di applicazione dell’imposta.

L’Istituto Nazionale di Statistica, nelle proprie relazioni, ha posto in rilievo che il legislatore, nel richiamare il predetto elenco dei Comuni italiani pubblicato sul sito istituzionale dell’Istat, rinvia in concreto ad una tabella nella quale sono congiuntamente riportate una pluralità di informazioni sui Comuni stessi. In particolare, ha rappresentato che alcune di queste informazioni, quali i codici identificativi dei Comuni italiani, i dati relativi alla popolazione legale e alla superficie territoriale (di forma censuaria), sono state elaborate dall’Istituto nell’ambito dell’attività classificatoria di propria competenza, mentre altre, e in particolare quelle concernenti la qualificazione montana/parzialmente montana/non montana, derivano invece da fonti diverse che l’Istat si è limitato a raccogliere e diffondere sul proprio sito istituzionale con finalità informative.

L’Istituto ha soggiunto che, ai fini dell’individuazione e della classificazione dei territori montani, la legge 25 luglio 1952, n. 991 assegnava alla Commissione censuaria centrale il compito di compilare e tenere aggiornato un elenco nel quale, in applicazione dei criteri stabiliti dagli artt. 1 e 14 della suddetta legge, venivano individuati i territori montani e che, successivamente, la legge 8 giugno 1990, n. 142, ha abrogato gli artt. 1 e 14 della legge n. 991 del 1952, eliminando di fatto il meccanismo di classificazione dei Comuni per “grado di montanità” da parte della Commissione censuaria; tuttavia, fino al 2009, l’attività di revisione della classificazione è stata svolta dall’UNCEM (Unione Nazionale Comuni Comunità Enti Montani ora confluita nell’ANCI), nell’ambito delle attività connesse al monitoraggio delle comunità montane.

L’Avvocatura Generale dello Stato ha parimenti rilevato, quanto alla classificazione per grado di montanità, che la suddivisione dei Comuni in “totalmente montani”, “parzialmente montani” e “non montani” non deriva da una classificazione operata dall’Istat, ma è essenzialmente applicativa dell’art. 1 della legge n. 991 del 1952 nonché dell’art. 14 della stessa legge ed è stata definita dalla Commissione censuaria centrale e trasmessa all’Istat dall’Uncem; la difesa erariale ha altresì sottolineato che, con l’entrata in vigore della legge n. 142 del 1990, la quale ha abrogato gli artt. 1 e 14 della legge n. 991 del 1952, sono state cancellate le norme che prevedevano l’aggiornamento della suddetta classificazione.

L’art. 1 della legge n. 991 del 1952 considerava territori montani i Comuni censuari situati per almeno l’80% della loro superficie al di sopra di 600 metri di altitudine sul livello del mare e quelli nei quali il dislivello tra la quota altimetrica inferiore e la superiore del territorio comunale non è minore di seicento metri, sempre che il reddito imponibile medio per ettaro fosse inferiore a certe soglie, attribuendo alla Commissione censuaria centrale il compito di compilare e tenere aggiornato un elenco ed altresì la facoltà di includere nell’elenco stesso i Comuni, o le porzioni di Comune, anche non limitrofi ai precedenti, i quali, pur non trovandosi nelle condizioni anzidette, presentino pari condizioni economico-agrarie, con particolare riguardo ai Comuni già classificati montani nel catasto agrario ed a quelli riconosciuti, per il loro intero territorio, danneggiati per eventi bellici.

Tale articolo è stato prima sostituito dall’articolo unico della legge n. 657 del 1957 e successivamente abrogato dall’art. 29 della legge n. 142 del 1990.

Ne consegue che, se durante la vigenza dell’art. 1 della legge n. 991 del 1952 l’elenco formato dalla Commissione censuaria poteva dirsi sostanzialmente vincolato dalla norma di legge, una volta abrogata tale disposizione, i parametri per la formazione dell’elenco sono divenuti discrezionali e se l’Istat, o qualunque altra amministrazione abbia il potere di incidere sulla formazione dell’elenco stesso, ha deciso di mantenere la classificazione effettuata prima dalla Commissione censuaria e dopo dall’Uncem lo ha fatto in modo del tutto volontario e svincolato da un dettato legislativo non più esistente.

In altri termini, con l’entrata in vigore del decreto legge n. 4 del 2015, il criterio di esenzione dall’IMU agricola è basato sulla classificazione dei Comuni di cui all’elenco Istat, sicché, abrogate già nel 1990 le norme del 1952 che dettavano i parametri per la redazione dell’elenco, l’eventuale riferimento agli stessi parametri da parte dell’amministrazione competente costituisce una determinazione discrezionale e non più vincolata dalla norma di legge.

Il Collegio, sulla base di tali considerazioni, ritiene che la norma di cui all’art. 1 del decreto legge n. 4 del 2015, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge n. 34 del 2015, possa rivelarsi violativa della riserva relativa di legge di cui all’art. 23 Cost. nella parte in cui, alle lett. a) e b), prevede l’esenzione dall’IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat.

Infatti, il presupposto di fatto fonte dell’esenzione tributaria è demandato ad una classificazione del grado di montanità dei Comuni contenuta in un atto amministrativo non predisposto nell’attuazione vincolata di criteri prefissati da una norma di legge, ma frutto di discrezionalità dell’amministrazione che redige l’elenco o, eventualmente (anche se dagli atti del giudizio e nonostante i reiterati incombenti istruttori non risulta chiaro quale sia l’autorità amministrativa effettivamente competente, fermo restando, ovviamente, che un’amministrazione competente deve necessariamente esserci), di altra amministrazione che abbia il potere di incidere sui criteri di formazione dello stesso.

5. Il Collegio, diversamente, ritiene che siano manifestamente infondate le questioni di legittimità costituzionale astrattamente ipotizzabili con riferimento agli artt. 3, 81 e 119 Cost. nonché quelle relative alla violazione del principio di irretroattività delle norme.

5.1 Nel caso di specie, non viene in rilievo il canone di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., assurto nella giurisprudenza costituzionale a clausola generale, anche quale limite immanente all’esercizio della discrezionalità del legislatore, in quanto la questione di compatibilità costituzionale della norma riguarda proprio l’assenza di criteri utili a definire il grado di montanità – che in una materia coperta da riserva relativa di legge dovrebbero essere necessariamente presenti – e non già la presenza di criteri che possano essere reputati irragionevoli o lesivi del principio di uguaglianza.

5.2 In relazione agli artt. 81 e 119 Cost., inoltre, il Collegio rileva che se è vero, ed in questo è stato enucleato l’interesse al ricorso, che un Comune, precedentemente classificato come montano, può essere leso dalla sostituzione di un’entrata certa, quale quella derivante dal finanziamento a carico del fondo di solidarietà comunale, con un’entrata presunta e più difficile da realizzare immediatamente e per intero, oltre che più onerosa per i proprietari dei terreni agricoli stanziati sui territori comunali non più esentati dal pagamento dell’imposta, quale il gettito derivante dal pagamento dell’IMU agricola, è altrettanto vero che non sembra da questa previsione di legge desumersi alcuna violazione dei precetti costituzionali.

In particolare, non appare ravvisabile alcuna lesione delle prerogative costituzionalmente riconosciute agli enti locali atteso che, come in modo condivisibile posto in rilievo dall’Avvocatura Generale dello Stato, il versamento di un tributo ha ontologicamente insito un profilo di incertezza per ciò che riguarda sia la corresponsione dello stesso, dipendente dalla volontà del contribuente o dall’eventuale accertamento del Comune, sia la quantificazione della prestazione che può dar luogo ad errori o inesattezze, per le quali il Comune è comunque dotato degli strumenti adeguati per accertare l’evasione o l’inesattezza dei versamenti e ripristinare così la regolarità della posizione tributaria.

5.3 Per quanto concerne, infine, la prospettata violazione del principio di irretroattività, occorre in primo luogo rilevare che la riduzione delle esenzioni dall’IMU agricola per farne derivare un maggior gettito annuo complessivo è stata prevista dall’art. 4, comma 5 bis, del decreto legge 16 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 44 del 2012, come sostituito dall’art. 22, comma 2, del decreto legge n. 66 del 2014, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 89 del 2014.

Ne consegue che la modifica del regime di esenzione dall’IMU agricola, avente decorrenza dal periodo d’imposta 2014, non può dirsi abbia effetto retroattivo e, comunque, non può ritenersi leso il principio di affidamento dei contribuenti prima esentati in quanto, almeno dal 24 aprile 2014 (data di pubblicazione del d.l. n. 66 del 2014), gli stessi erano in grado di conoscere che il regime di esenzione sarebbe variato per ricavarne un maggior gettito complessivo annuo.

Inoltre, per l’ipotesi in cui un determinato terreno, esente in base alla previsione del decreto interministeriale del 28 novembre 2014, sia invece assoggettato all’IMU agricola in base alla previsione dell’art. 1 del decreto legge n. 4 del 2015, ai sensi del quarto comma 4 dello stesso art. 1, conserva efficacia in parte qua il decreto interministeriale con esclusivo riferimento all’anno di imposta 2014.

A ciò si aggiunga, ad ogni buon conto, che fra i precetti costituzionali preposti all’ordinamento tributario non esiste il divieto di retroattività delle norme, come invece accade per il diritto penale ai sensi dell’art. 25 Cost.

6. Per tutte le ragioni sopraesposte, il Collegio ritiene rilevante ai fini della decisione della controversia e non manifestamente infondata, per violazione dell’art. 23 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lett. a) e b), prevede l’esenzione dall’IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat, sicché deve essere disposta la trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale e la sospensione del giudizio ai sensi dell’art. 134 della Costituzione, dell’art. 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948 n. 1 e dell’art. 23 della legge costituzionale 11 marzo 1953 n. 87.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda) Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione Seconda, riservata al definitivo ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese, così provvede:

dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in relazione all’art. 23 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 del decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 24 marzo 2015, n. 34, nella parte in cui, alle lett. a) e b), prevede l’esenzione dall’IMU agricola per i terreni ubicati nei comuni classificati totalmente montani o parzialmente montani (in tal caso, ove posseduti e condotti da coltivatori diretti e da imprenditori agricoli professionali) nell’elenco dei comuni italiani predisposto dall’Istat;

dispone la sospensione del giudizio e ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale;

ordina che, a cura della Segreteria della Sezione, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

Roma 4 novembre 2015

Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra